ALCUNE LINEE GUIDA PER UN PROGRAMMA PER LA REGIONE LAZIO

Mi è stato chiesto quale è il mio programma.
Mi sembra ora una cosa troppo ambiziosa e mi prendo la responsabilità: lo faremo insieme.
Passerò la campagna elettorale ad incontrare persone, comitati, associazioni per raccogliere segnalazioni, suggerimenti, idee per la politica che farò nel Consiglio Regionale del Lazio, se sarò chiamato a entrarvi.
Chiederò, soprattutto, di continuare a lavorare insieme dopo, costruendo un programma non come libro dei sogni o trattato di tuttologia, ma come prassi di lavoro quotidiano e come impegno a fare che nel Lazio la Regione conosca le comunità che la abitano.
Vi propongo quindi solo alcune idee di fondo che saranno il mio riferimento. Il resto dobbiamo scriverlo insieme.
Un’altra politica
La distanza tra le persone e i loro bisogni e la capacità della politica di rispondervi si sta allargando. In conseguenza la politica si è privata di ideali e le persone stanno diventando egoiste. I politici diventano una casta e i cittadini entrano in lotta tra di loro.
Serve un’altra politica.
Un’altra politica è quella che considera la cittadinanza attiva come risorsa e non come intralcio al governare.
Un’altra politica è quella che ascolta prima di parlare.
Un’altra politica è quella che  nel fare le scelte si colloca con il più debole perché cosi fa il bene di tutti.
Un’altra politica è quella in cui i politici hanno lo stesso tenore di vita dei cittadini.
Un’altra politica è quella che considera le altre forze di sinistra come complementari e non nemiche.
Una alleanza con la società civile
La deriva tecnocratica e oligarchica che ha caratterizzato la politica negli ultimi anni ha trasformato gli enti locali, ben che vada, in consigli di amministrazione, se non in luoghi di spartizione di affari per bacini elettorali.
E’ accaduto così che le migliori energie civiche, come quelle dei cittadini che si preoccupano per la salute di tutti e si organizzano sul territorio, che difendono i beni  comuni dalla privatizzazione, o reclamano servizi di qualità, siano state considerate impedimenti al governare, come minacce elettorali o, al massimo, come soggetti da “consultare”.
E’ accaduto così che le enormi risorse di volontariato siano state svilite ed usate come strumento per ridurre costi e non come risorse per progettare e monitorare i servizi.
Questa impostazione va rovesciata: solo in alleanza con i cittadini e rendendoli protagonisti si può rispondere ai problemi e sottrarsi ai ricatti e alle pressioni dei poteri forti.
Primo: un piano contro la povertà
Nel Lazio sono povere il 21% delle famiglie, una su cinque, e la povertà è in crescita. Questo non può essere tollerato.
Si può essere poveri per molti motivi. Perché non si trova o si è perso un lavoro, per una paga troppo bassa, per un affitto o un mutuo troppo alto, per una malattia o un incidente sul lavoro, perché si è persa una persona cara, per una famiglia numerosa…
Molte devono quindi essere le politiche contro la povertà, sono le politiche per la formazione e il lavoro, per gli ammortizzatori sociali e per il reddito minimo, per le case ad affitto sostenibile, politiche fiscali di redistribuzione del reddito, per il rafforzamento e la qualità dei servizi, gli interventi sociali e, anche, le politiche per far emergere le risorse delle persone in povertà.
Le politiche contro la povertà dovrebbero essere al primo posto, essere contenute in un piano “per la qualità della vita”, con obiettivi dichiarati e risultati verificabili negli anni.
Secondo: riqualificare il territorio a partire dalle proposte dei comitati di cittadini
Il Lazio è interessato da un elevato numero di grossi interventi pubblici e privati – strade, centrali elettriche e nucleari, porti e aeroporti, centri commerciali, insediamenti residenziali, ecc… – a forte impatto sul territorio, ma anche da un corrispondente numero di comitati civici che vi si oppongono.
Si scontrano due visioni. I comitati del NO sostengono una visione del territorio come risorsa per la qualità della vita presente e futura e propongono risparmio energetico e produzione diffusa dell’energia, riduzione dei rifiuti e raccolta differenziata, tutela del paesaggio e dell’immaginario tradizionale, sicurezza delle strade e riduzione della velocità, difesa delle produzioni agricole dal cemento e agricoltura biologica, recupero e riutilizzo edilizio, consolidamento antisismico e idrogeologico, salubrità degli impianti produttivi. E questi sono solo alcuni ingredienti.
Questa visione, ed i vincoli che i comitati pongono, sperimentano già una Regione che opera con e non contro i cittadini e deve essere alla base di una riprogettazione partecipata del territorio regionale per promuoverne una significativa riqualificazione dopo il sacco degli ultimi anni.
Terzo: rilanciare i servizi per rilanciare il benessere e lo sviluppo delle comunità
Acqua, energia, rifiuti, salute, scuola, università, asili, trasporti pubblici stanno soffrendo per i tagli  di bilancio, ma anche per il fatto di non essere più al centro della attenzione della politica, e mentre la società si sfalda  i servizi sono occupati dai capitali finanziari e dai poteri mafiosi.
I servizi pubblici invece sono la principale risorsa per promuovere il vivere bene di una comunità e quindi anche della sua sicurezza,  benessere e fiducia nel futuro.
Per rilanciare i servizi occorre una serrata lotta agli sprechi causati innanzitutto dalle indebite ingerenze della politica e degli affaristi e dalla esclusione dei cittadini.
Investire in servizi pubblici locali e nella riqualificazione del territorio è anche la chiave per creare buoni posti di lavoro e rilanciare l’occupazione.
Quarto: un piano per la qualità e il rispetto dei lavoratori e degli utenti
La qualità non sempre ha un costo, ma richiede attenzione e dedizione. E’ qualità non dover fare una fila, ma anche non dover attendere in piedi. E’ qualità non dover girare più sportelli per ottenere una concessione, un servizio o un documento, ma anche essere ascoltati ed ottenere risposte chiare. E’ qualità essere curati bene, ed essere trattati con rispetto negli ospedali. E’ qualità la bellezza del paesaggio ed il decoro dei locali pubblici. E’ qualità una scuola che funzioni,ma anche insegnanti motivati.
Per affermare servizi di qualità non bastano buoni piani, servono anche buone pratiche.
I cittadini, sia singolarmente che con le loro associazioni, dovrebbero essere messi in grado di incidere sulle scelte ed i lavoratori dovrebbero essere messi nella posizione di poter essere orgogliosi di fornire un buon servizio. Ciò si ottiene in un solo modo: più partecipazione e coinvolgimento di lavoratori e cittadini.
Quinto: una battaglia per la legalità
Il Lazio è già oggi la quinta regione per infiltrazione mafiosa. Corruzione e infiltrazione di capitali mafiosi sono e saranno emergenze anche nel futuro. Queste sono la conseguenza della cattiva politica, dell’affermazione dell’impunità dei potenti ed anche dei comportamenti antisociali, prepotenti e violenti. Ed hanno come corollario la tolleranza dell’evasione fiscale, del non rispetto delle norme sulla sicurezza sul lavoro, delle frodi commerciali, degli abusi edilizi, del lavoro nero.
C’è una emergenza legalità che attraversa tutto il corpo sociale e che va affrontata con decisione riportando il bene comune al centro della politica: lotta per la legalità e la giustizia sociale vanno insieme e si sostengono a vicenda.
Sesto: una identità culturale
Già oggi il 10% della popolazione laziale ha origine dall’immigrazione. Ciò è percepito come un rischio per il bisogno di identità e sicurezze da popolazioni destabilizzate prima, negli ultimi trenta anni, dal liberismo sfrenato  ed ora dalla crisi. Le risposte aggressive, deboli e speculari come l’assimilazione (rinuncia alla tua identità) o la segregazione (tieniti la tua cultura ma in un campo recintato fuori il GRA), servono a poco.
Occorre invece costruire una vera comunicazione tra le identità e le culture diverse, con la consapevolezza che le identità non si conservano mummificate, ma si arricchiscono ed evolvono a contatto con quelle degli altri. Questo arricchimento non sarà solo degli stranieri grazie agli italiani, ma anche degli italiani grazie agli stranieri.
Occorre riconoscere nei migranti le persone e non solo la forza lavoro, ricondurre agli Enti Locali la gestione dei permessi di soggiorno, riconoscere il diritto di voto e, a 150 anni dall’Unità d’Italia, costruire una nuova identità plurale, ma comune, come da tanto  richiedono le culture delle minoranze linguistiche e meridionali. Riscoprire che Roma è una città mediterranea, che ha le radici nel mare che la lambisce e nelle sue storie, potrebbe essere lo strumento utile alla ri/costruzione di questa identità.
Non ultimo: Una politica per la pace
La pace è la cosa più importante, solo nella pace si sviluppa una comunità. Le politiche per la giustizia sociale sono già politiche di pace, ma non si deve dimenticare, nemmeno in un ente locale come la Regione, che esiste una dimensione internazionale della giustizia che ci riguarda.  Anche la Regione Lazio deve e può fare la sua parte, ad esempio sviluppando relazioni solidali con territori esteri, sostenendo un commercio estero non di rapina, promuovendo la riconversione delle industrie di armamenti.